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Pizza, pasta, ragù, formaggio, pesce, dolci. Non è che si possa condensare in cinque parole l’universo culinario della Campania, ma l’impresa anche solo di sfiorarlo in queste poche righe è del tutto priva di speranza. Una cucina, quella campana, coltivata a lungo e con amore nelle sue terre d’origine e che ha saputo conquistare il mondo fino a perdere a volte, travolta dalla fama, l’identità con la terra d’origine come nel caso della pizza. Negli Stati Uniti si mangiano infatti tre miliardi di pizze ogni anno (pare che il 93% degli statunitensi mangi la pizza almeno una volta al mese), ma è ragionevole pensare che la maggior parte dei consumatori a stelle e strisce non abbia la più pallida idea del legame fra il magico disco di pasta e le terre all’ombra del Vesuvio. E lo stesso forse può dirsi per gli amanti delle sfogliatelle in giro per il mondo. Una cucina dunque adorata a casa sua e che evidentemente è in grado di soddisfare gli impulsi dell’appetito fondamentali in ogni essere umano, o quasi. Qui, molto brevemente, citeremo poche ricette per le varie portate del nostro pranzo virtuale.
Calzoni, pizze, pizzelle, pizzette fritte, pizze rustiche, panzerotti, taralli, sono le varie incarnazioni di farina, grassi, fuoco e un’infinità di ingredienti a corredo, in grado di fare egregiamente da primo, secondo e contorno o di risolvere un appetito improvviso in qualunque momento della giornata, o della nottata. Per tornare alle classiche portate del nostro pasto, fra gli antipasti campani tradizionali rientrano i crostini alla napoletana, con pane, pomodori, acciughe e burro, il gattò Santa Chiara, una meravigliosa torta salata, e poi la mozzarella, impanata o in carrozza. Con i primi passiamo al capitolo della pasta, qui veramente infinito, con paste condite con sughi al pomodoro, con il ragù napoletano, con la salsa genovese alla napoletana, con tutto ciò che arriva dal mare, e poi timballi e zuppe, pasta e fagioli e minestre, lasagne e crespelle.
L’arrivo dei secondi non può prescindere dal profumo del mare. Mille ricette con mille pesci diversi, come le alici al gratin o a scapece, dall’anguilla al baccalà, e poi sauté di vongole e ’mpepata di cozze, polpo verace affogato o alla luciana, zuppa alla marinara, di cozziche e di vongole. Le verdure godono del clima eccellente di queste zone e sono inevitabilmente molto ben considerate in cucina. Fra le preparazioni tradizionali campane, la cianfotta, un delizioso misto di verdure stufate, i fagioli alla maruzzara, una zuppa di fagioli serviti con fette di pane, i friarelli aglio e olio, ossia cimette di rapa fritte, e poi le melanzane a fungitielli, alla partenopea, a mannella, a scapece, nella parmigiana, ma anche peperoni imbottiti e in teglia, zucchini alla bella Napoli e a scapece. Sommersi da pesce, pizze, pasta e verdura, i piatti di carne passano in secondo piano con i loro agnelli e capretti e braciole di maiale, ma sono poi nobilitati dalla presenza del pomodoro, come nelle preparazioni alla pizzaiola, o dalla loro semplicità, come nel caso del coniglio all’ischitana o del pollo alla diavola. I dolci hanno una grande importanza e una grande tradizione in Campania, con preparazioni celeberrime ovunque, come la pastiera napoletana e le sfogliatelle ricce, e molte altre altrettanto squisite, dagli struffoli alle zeppole, dai mustacciuoli ai raffioli.
Trionfo di stelle Michelin per la ristorazione campana, con una particolare concentrazione di tavole di livello nell’area centrale della regione, sulla costa e nei suoi dintorni. Unica pecca, se vogliamo vedere a tutti i costi qualche difetto, è l’assenza di un locale “tristellato”, ma d’altronde la Michelin ne ha scovati solo sette in tutta Italia. I ristoranti stellati campani ricevono punteggi elevati anche dalle altre due guide che utilizziamo per indicare i rappresentanti della cucina di buon livello delle regioni d’Italia, Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso 2013 e Ristoranti d’Italia 2013 de L’Espresso.
Il comune di Vico Equense è un po’ la capitale ideale, visto che il suo territorio ospita ben quattro ristoranti ai vertici delle tre guide, fra cui Torre del Saracino (due stelle Michelin, tre forchette per Gambero Rosso, tre cappelli per l’Espresso). Gli altri ristoranti campani che conquistano due stelle Michelin sono Don Alfonso 1890, Quattro Passi, L’Olivo e Rossellinis.
Vediamo l’elenco, in ordine alfabetico, dei ristoranti con le valutazioni migliori da parte delle tre guide che abbiamo scelto come riferimento per queste nostre pagine:
Lunghissimo l’elenco di DOP e IGP campane, a testimonianza della capacità di unire tradizioni antiche a esigenze produttive attuali:
Anticamente famosa per la produzione del vino Falernum, ben noto a Plinio, Ovidio, Marziale e Orazio, oggi la Campania produce quindici vini DOC, 4 vini DOCG e dieci IGT. Tra le 4 DOCG, produzione d’eccellenza regionale, tre sono vini bianchi, Taurasi, Greco di Tufo e Fiano di Avellino, mentre uno è rosso o rosato, l’Aglianico del Taburno. Grande importanza hanno anche in Campania i vitigni autoctoni, dal rosso Aglianico ai bianchi Falanghina, Fiano e Greco. Per quanto riguarda il Falerno, l’attuale DOC Falerno del Massico viene prodotta nelle sottodenominazioni Rosso (Aglianico fra il 60 e l’80%), Bianco (Falanghina in purezza) e Primitivo (uve Primitivo minimo 85%).