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Nonostante radici millenarie di grande opulenza, dalla Roma dei Cesari a quella dei Papi, la cucina romana e quella laziale odierne derivano più dalla tradizione popolare che da quella dei grandi palazzi e dei troni dorati. Si può quasi pensare, ironicamente, a una vendetta finale della plebe, in cui supplì e bucatini, pajata e baccalà, fiori di zucca e maritozzi hanno scalzato nelle abitudini di tutti, ricchi e poveri, preparazioni ben più complesse o esotiche: insomma, oramai a Roma e dintorni non si mangiano più lingue di fenicottero o ghiri arrosto...
Una volta seduti a questa nostra tavola virtuale, la praticità popolaresca ci colpisce subito al momento degli antipasti: la cucina laziale non ha elaborato una vasta gamma di proposte varie, ma ci soddisfa ampiamente con fiori di zucca o carciofi fritti oppure fritto di provatura (un formaggio fresco), panzerotti e pizza con gli sfrizzoli (ciccioli), supplì alla romana e crostini alla romana. Il cuore autentico della cucina romana e laziale lo si incontra al momento di mangiare i primi. Basterà ricordare poche ricette per rendersi conto dell’enorme popolarità raggiunta da pochi, semplici, piatti. Probabilmente quello più noto sono i bucatini all’amatriciana, ben accompagnati da altre ricette come i bucatini cacio e pepe, gli spaghetti alla carbonara o gli gnocchi alla romana, mentre la pajata con i rigatoni è forse meno “esportato” degli altri. Ricordiamo anche una ricetta che è famosissima fra i turisti in arrivo a Roma dagli Stati Uniti, ma ben poco nota a noi italiani, ossia le fettuccine Alfredo.
A parte mazzancolli, calamaretti e palombo, è forse il baccalà il protagonista fra i pesci, pastellato e fritto a filetti oppure preparato in guazzetto. Molto più diffuso il consumo delle carni, a partire dall’agnello la cui carne qui è detta abbacchio: abbacchio alla romana, arrosto, brodettato, a scottadito, in braciolette panate e fritte. Da buoi e vitelli si ricavano altri due piatti celeberrimi della cucina di queste parti, ossia la coda alla vaccinara e i saltimbocca alla romana, mentre l’amore per il maiale è testimoniato, tralasciando le salsicce, dalla onnipresente porchetta. Il pollo viene preparato in padella o alla romana, cioè in compagnia di pomodori, peperoni e vino, mentre il coniglio viene cucinato al vino bianco. Molto esteso poi il panorama dei piatti a base di frattaglie, dalle animelle al prosciutto alla coratella di abbacchio con carciofi, dai fegatelli di maiale al fegato di vitello alla romana, ma anche rognone in umido e trippa alla trasteverina. Diamo solo una brevissima occhiata alla grande varietà di piatti a base di verdure, ricordando in particolare i carciofi preparati alla giudia o alla romana, coi piselli oppure fritti, ma anche broccoli, biete, cicoria e cipolline, e poi fagioli con le cotiche e, soprattutto, l’insalata di puntarelle, una ricetta particolarmente amata nel Lazio.
Fra i dolci laziali e romani ricordiamo i maritozzi, una sorta di panino morbido con uvetta, pinoli e cedro candito, oppure il pangiallo, un dolce dalla forma tondeggiante e irregolare, ricco di miele, noci, mandorle, nocciole, pinoli e altro ancora.
Le tre guide cui ci riferiamo per cercare di capire quali siano i migliori ristoranti di ogni regione sono concordi: La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri conquista il vertice sia della guida Michelin 2013, con tre stelle, sia dei Ristoranti d’Italia 2013 de L’Espresso (secondo posto in Italia con tre cappelli e 19,5/20 di valutazione) sia dei Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso 2013 con 95/100 e tre forchette (valutato come uno dei tre migliori ristoranti d’Italia). Se la Pergola guidata dallo chef Heinz Beck regna su Roma, Roma regna sul Lazio... Ben più della metà dei ristoranti stellati, e al vertice anche per Espresso e Gambero Rosso, si trovano infatti nella Città Eterna. Conquistano due stelle Michelin i romani Il Pagliaccio e Oliver Glowig, assieme a La Trota, in provincia di Rieti.
Ed ecco in ordine alfabetico l’elenco dei ristoranti nel Lazio ai primi posti nelle valutazioni delle tre guide del 2013 Michelin, Gambero Rosso e L’Espresso.
Un po’ di tutto fra le DOP e IGP laziali, dal pane all’olio, dai carciofi ai fagioli, dai pecorini alla porchetta:
Il vino nel Lazio ha una storia millenaria, benché gli antichi romani preferissero i vini campani a quelli prodotti nei dintorni della Città Eterna... Se prima si riteneva comunemente che i vini laziali fosse tutti “beverini”, non particolarmente impegnativi, attualmente l’impegno dei produttori si sta rivolgendo all’impiego di vitigni internazionali, come Cabernet, Merlot e Syrah, per produrre vini innovativi rispetto alla tradizione locale. Per quanto riguarda i vitigni autoctoni del Lazio, ricordiamo l’Aleatico con cui si produce il liquoroso Aleatico di Gradoli DOC, il Cesanese alla base del rosso Cesanese del Piglio DOC (e alle DOC di Affile e Olevano Romano) e la Malvasia, da cui si ricava il Castelli Romani DOC bianco. Ricordiamo anche due bianchi molto popolari, l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone DOC e il Frascati DOC.